mercoledì 16 novembre 2016

UN DISCRETO SCRUTARE





Lo osservava da tanto tempo.
Era cominciata per gioco, almeno così le sembrava di ricordare. Non sono certo quelle cose che uno pianifica.
Un po’ come quando cammini per la strada e sei travolto da un’auto. Poi magari si dice la solita frase: “Un po’ me lo sentivo”, ma si sa che non è vero.
Aveva cominciato ad osservarlo, all’inizio quasi stupita. Niente di eccezionale, niente di notevole. Solo un vecchio che passava le sue giornate nell’appartamento dirimpetto al suo. Al quarto piano di una palazzina anonima, di una strada anonima.
Non si era mai nemmeno preoccupata di attraversare la strada per andare a sbirciare i citofoni e capire come si chiamasse. La sua immaginazione aveva supplito alla mancanza di un nome. Ogni mattina, quando cominciava la sua osservazione lo poteva chiamare in modo diverso. “Buongiorno signor Mambretti”
Oggi si chiamava Mambretti, Ovidio Mambretti.

All’inizio le sedute d’appostamento erano piuttosto brevi, addirittura casuali. Non voleva ammettere con se stessa che stava nascendo in lei una specie di ossessione per quel vecchio gracile con la pelle giallastra e l’appetito di un uccellino che aveva nidificato davanti a casa sua.
Col passare del tempo però le cose erano cambiate: aveva dato un metodo alle sue osservazioni. Si posizionava alla finestra della camera da letto, quella che dava la miglior visuale, sin dalle prime ore della mattina. Se all’inizio lo osservava per non più di mezz’ora al giorno, col passare del tempo era arrivata a seguirne le mosse per quattro o cinque ore, nel week end anche per sei.
Non aveva ancora avuto la presunzione di fare delle ipotesi sul motivo della sua ossessione. Aveva organizzato la sua vita intorno a suo vecchio signore. Osservare, lavorare, tornare ad osservare, avere una vita sociale, tornare ad osservare, bere, mangiare, scopare e farsi scopare, tornare ad osservare. Da un po’ si era accorta che la sua occupazione stava prendendo il sopravvento su molte piccole occupazioni secondarie. Osservare il signor “Costantini” non era più una occupazione della giornata, era l’occupazione.
A volte si stupiva semplicemente delle stereotipie del vecchio, osservava un movimento, cercava di prevedere tutti i successivi. Se ci azzeccava si complimentava con se stessa diversamente si perdeva in congetture sui motivi per i quali la serie delle azioni ripetute si era interrotta.
Altre volte, e nell’ultimo periodo accadeva con sempre maggior frequenza, le sue fantasie prendevano il sopravvento. Si immaginava seduta nella sua casa modesta, sentiva l’odore di mobili vecchi e di cibi mal cucinati, pensava di diventare parte del suo mondo, alla stregua di un soprammobile. Una cosa presente ma ignorata. Avrebbe voluto stare nella casa come una presenza nota, avrebbe voluto che lui sapesse di lei, che sentisse del disagio a sapere che qualcosa lo osservava con tanta cura e meticolosa precisione, ma che contemporaneamente fosse invisibile ai suoi occhi, scontata, come una vecchia gondola in plastica dorata buttata sulla mensola di un mobile della sala.
Di notte era anche peggio, quando le finestre erano nere e non c’era nulla da osservare le veniva in mente che il gioco, come tutti i giochi, sarebbe durato poco. Più prima che poi le imposte la mattina non si sarebbero aperte, oppure le luci a notte fonda sarebbero state ancora accese. Lo avrebbero portato via con l’ambulanza, magari sarebbero arrivati dei parenti, dei figli. L’imperturbabile routine dei giorni sempre identici sarebbe finita, non ci sarebbero stati più pronostici, vaticini.
E allora pensava che non era assolutamente giusto che questo accadesse al di fuori del suo controllo, al di fuori delle sue previsioni.
Era solo questione di tempo, sapeva che prima o poi sarebbe suonato un campanello nella sua testa e lo avrebbe fatto. Doveva controllarlo fino alla fine. Fino all’ultimo.
Quando la fecero sedere sul sedile di dietro dell’auto era pienamente soddisfatta.
Lui aveva aperto la porta a quella signora che aveva già visto diverse volte oltre i vetri della casa di fronte. Come previsto l’aveva fatta entrare. Come previsto le aveva voltato le spalle. Come previsto il suo collo si era spezzato come un pezzo di legno secco.
Tutto come previsto. Era davvero diventata molto brava. 
  
dicembre 2015

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