Scena 1
La vecchia al Centro osserva il nulla squallido del giardino
pensile del primo piano, una bella distesa di terriccio da riporto ed erba
seminata male e cresciuta a chiazze, piante striminzite e una cornice di
cemento armato.
L’infermiera sudamericana ha una gran fretta. La vecchia lo intuisce.
Ieri gli ha detto che ha una figlia di quattordici anni e che preferisce il
turno di notte così di giorno può stare a casa a controllare che vada a scuola
piuttosto di appartarsi in camera con qualche maschio da cui si fa levare le
mutandine per un passaggio al cinema e un paio di bicchierini il sabato
pomeriggio.
L’infermiera ha fretta ma vuole scambiare ancora qualche
parola, nonostante quella tristezza tetra e deforme di vecchia le riesce
simpatica. Le mette le pillole nel bicchiere e poi si siede sulla seggiola di
plastica colorata e le parla. Chiede se oggi ha intenzione di fare due passi
con gli altri, c’è il mercato. La vecchia scuote la testa, l’infermiera le fa
una carezza. Le dita ossute della vecchia scivolano nel bicchiere e prendono ad
una ad una le pillole. Quella azzurra, quella bianca, ad una ad una si affidano
alla lingua secca e impastata.
L’infermiera dice che è arrivato il momento del cambio
turno. Le dà appuntamento a domani, corre verso lo spogliatoio con il
bicchierino di plastica tra le mani.
In tutto un minuto e quarantacinque secondi.
Scena 2
Il parco giochi è immerso nella luce del pomeriggio. La
primavera sta facendo il suo e le ossa cominciano a reagire come si deve.
L’uomo con il cappello non ama quel tipo di cambio di
stagione, tra non molto dovrà abbandonare gli abiti invernali, in cui si trova
fin troppo bene, per indossare quei ridicoli vestiti estivi che sembrano
inventati per toglierti la dignità.
Guarda mamma, quel signore con il cappello giallo, hai visto
che braccia secche che ha? Hai visto che pelle bianca che ha.
Tanto varrebbe andare in giro con un cartello con la scritta:
lezione di anatomia numero 1 “la decomposizione della carne umana”.
L’uomo con il cappello si ricorda gli anni in cui quel parco
non era un dedalo di giochi nuovissimi e di bimbi urlanti, una volta era solo
un grosso fazzoletto di erba che divideva la fermata dell’autobus dall’ingresso
della metalmeccanica.
Almeno la metalmeccanica era morta prima che potesse vedere
che cosa era diventato il suo parco.
Non amava i bambini, se li avesse amati avrebbe avuto a
disposizione non meno di 4 nipoti da portare in giro e da soddisfare con
caramelle e altre amenità. Il figlio più grande era una specie di cecchino
dell’utero, aveva ingravidato la moglie una volta ogni anno e mezzo per sei
anni di fila, se lo Stato fosse stato meno egoista avrebbe dovuto sterilizzarlo
al secondo pargolo. Ma nulla, meglio puntare sulla famiglia numerosa. Che cazzo
ci faremo mai con tutti questi bambini? Sono ingiusto, pensò mentre osservava i
gruppi di bimbi e di mamme sorveglianti che si appollaiavano apprensive nelle
panchine intorno.
Apri il giornale: Liberal, in prima pagina i musulmani “sono
una minaccia”, terza pagina “gli zingari” sono un pericolo, poi il governo “è
la causa dei musulmani e degli zingari” e non pensavano ai vecchi come lui che
soffrono e non arrivano alle fine del mese. Ci mancava anche il governo a
dovere pensare a lui, quanti occhi doveva avere addosso?
Scena 3
Stesso parco stesso vecchio, stesso giornale che ora parla della
sua Milano, non è evidente a tutti che ormai il degrado supera ogni limite? Non
è evidente che comandano i centri sociali? Non è evidente che una povera donna
non si sente più sicura nemmeno a uscire di casa?
L’uomo col cappello guarda il parco immerso nel sole di fine
aprile e si risponde: no, non dovrebbe avere paura, non c’è nulla di evidente.
La ragazza con la faccia da angelo arriva quasi
all’improvviso, gli si accosta da sinistra, ha appena lasciato il suo pargolo
con altri bambini nelle mani di quella che di sicuro è l’amica del cuore.
“Salve, anche oggi qui” dice cordiale al vecchio che abbassa
istintivamente il giornale e sorride con fare bonario.
“Salve”
“Continua a dire che i bambini non fanno per lei ma poi
viene sempre al parco”
“I bambini non fanno per me ma l’aria aperta fa un gran bene
alle ossa, non mi piace restare in casa di pomeriggio”
“Fa bene, sa, mio padre invece da quando è in pensione si è
attaccato al divano”
L’uomo annuisce, con un gesto cortese fa cenno di sedersi,
ama le conversazioni casuali, ama anche le donne, o meglio, le ha amate molti
anni prima.
“Perché non ci porta mai i suoi nipotini qui? Sono sicura
che a loro piacerebbe”
Lui sorride senza dare una risposta, lei capisce di avere
sconfinato.
“Ieri parlavo di lei a mio marito, mi ha detto che noi mamme
dobbiamo avere cura anche di lei, che in questo periodo un ve… un anziano… da
solo è in pericolo tanto quanto un bambino”
Altro sorriso: “E allora che venga suo marito a difendermi,
anzi a difendere tutti noi” faccia spaventata
Lei ride, poi guarda le punte delle scarpe: “Lui lavora, non
avrebbe tempo” poi si riprende: “ma non voglio che pensi male, vuole un bene
dell’anima a noi due, se potesse, con dei ritmi più umani, sarebbe molto più
presente”
“Immagino, senza meno”
“E’ questa città, tutto questo caos, mio marito dice che
sembra che Milano si porti sulle spalle tutta l’Italia: gli altri alla moviola
e noi a correre”
“Io amo Milano, e non ho mai corso in vita mia, anzi”
sorride alla giovane mamma
“Lui vuole un altro figlio” dice lei piano: “Io non so se me
la sento, ma lui dice che almeno ne facciamo due vicini che crescono assieme”
guarda il bambino che gioca con gli altri, sembra divertirsi tanto, ha appena
spinto un altro bambino a faccia in giù sul selciato, lui ride, l’altro bambino
piange disperato, la giovane mamma con la faccia angelica scatta in piedi e
urla il nome del figlio poi corre verso di lui e lo rimprovera, lo minaccia che
alla prossima si va a casa. L’uomo sa che è una bugia, non saranno le
marachelle del bambino a farli filare a casa tra poco.
Torna da lui: “A volte sembra fuori controllo, scatta così e
fa queste cose. Forse sono io, non sono abbastanza severa” La vena del collo
pulsa, sta cercando di mantenere la calma: “Ma se poi non sono io? Se poi viene
fuori che ha un disordine della personalità? L’altro giorno al nido è venuta
una psicologa a parlare, sembra che le facciano venire per farci paura, ha
detto che i disordini di personalità hanno un esordio sempre più precoce e che
è facile confonderli con tratti peculiari del carattere, magari io penso che è
solo vivace e lui poi ha un problema e io non sono stata capace di vederlo”
L’uomo ascolta e annuisce, come deve fare un vecchio al
parco, una specie di cassonetto della spazzatura dell’anima. Si parla tanto di
raccolta differenziata, lui è il cassonetto dell’umido, raccoglie tutte le
certezze in decomposizione, le angosce maturate sulla mensola della cucina e
che ormai non sono più buone, le paure lasciate nel contenitore per alimenti
nel frigorifero che hanno generato nugoli di batteri e muffe…
La ragazza con la faccia da angelo si protende con il busto
in avanti, dalla scollatura della camicia si vede fin troppo bene il generoso
seno, lei si accorge ma richiude il bottone con lentezza: “Una volta avrei
chiesto scusa, ma dopo che per mesi tutti mi hanno guardato le tette senza
pudore mentre allattavo ci ho perso l’abitudine, alla fine sono solo ghiandole
mammarie” sorride.
“Verrà qui anche domani?”
“Credo di no, mercoledì e venerdì vado a fare visita ai miei
amici” la ragazza capisce di che parla anche per via di quello sguardo
rassegnato… invecchierà anche lei, e perderà anche la sua bellezza angelica,
non sarà più nulla, pensa, anche lei farà il giro dei cimiteri, per trovare i
vecchi amici e aspetterà di essere dall’altra parte della lapide.
“Allora ne prendo per oggi e per domani, anche per la mia
amica” dice senza guardarlo
Estrae dalla tasca dei pantaloni due banconote da 50. E le
mette nelle pagine del giornale chiuso che divide lei dall’uomo con le sue
montagne di odio e rabbia su carta stampata.
L’uomo estrae un piccolo porta caramelle in metallo dalla
tasca. La ragazza lo prende e lo apre.
“Nicolas, vieni Nicolas, guarda cosa ti regala il signore,
dì grazie”
Il bambino arriva trotterellando al richiamo delle
caramelle.
“Una sola però” dice l’uomo col cappello: “poi il resto lo
tiene la mamma” il bambino annuisce e prende una caramella gommosa dal mucchio
lasciando nella scatola le quattro pastiglie di Seroxan e le due di Prozac, per
l’amica che intanto si prende amorevole cura dei pargoli al parco giochi.
La ragazza con il volto da angelo fa cenno alla brunetta
bruttina e sovrappeso che anche per oggi ci sono e che possono cominciare a
levare le tende da quel paradiso di metallo e plastica color prato inglese.
Ora le due hanno un motivo per alzarsi domani mattina.
Scena 4
L’infermiera sudamericana è contenta di quel signore con il
cappello che viene sempre a trovare la sua paziente speciale. Tutti i mercoledì
e venerdì fa tappa fissa alla casa di riposo.
Non ci mette tanto tempo, solo un quarto d’ora poi riprende
il cappello e il cappotto e saluta, poco tempo che però fa molto bene alla sua
paziente che in quei giorni è molto più contenta e affabile.
Quel giorno l’infermiera si accorge di un particolare non
insolito e lo rincorre.
Lo raggiunge prima che l’ascensore si apra al piano e gli
permetta la fuga: “Signore, signore” lui si gira distratto e osserva la
scatoletta di caramelle tra le mani dell’infermiera.
“Anche lei non ci si metta per favore, la signora ha il
diabete, ho visto che apriva la scatolina prima, una caramella va bene, ma non
faccia il cattivo non pensi che non mi accorgo che gliele lascia lì di
proposito”
Il vecchio col cappello fa la faccia contrita: “Chiedo scusa
signora, non capiterà più”
Nell’ascensore apre il suo astuccio di caramelle, la sua
amica ha fatto il suo dovere, nel week end manderà qualcuno a portarle i soldi.
Tocca appena le pillole con la punta delle dita e ringrazia il cielo che la
lingua dei vecchi sia così secca.